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Elections

23.09.2001

Cara ONU, non avrai il nostro sangue

«Il Mattino della domenica» del 23 settembre 2001 Pagina a cura di Flavio Maspoli E' passata al Nazionale l'iniziativa popolare sull'adesione: probabile il voto in marzo, e gli oppositori ad un progetto che piace al solo Consiglio federale stanno già affilando le armi.   Quella di questa settimana è una cena? dello spirito: con Christoph Blocher si parla nel "corridoio dei passi perduti", appena fuori dall'aula del Nazionale, sùbito dopo che una larga maggioranza die deputati ha votato a favore dell'iniziativa popolare per l'adesione all'Onu. Blocher ha appena spiegato la sua posizione senza mezzi termini e con la passione che tutti gli riconoscono.   Il suo è stato un appello accorato e che ha messo non poco in difficoltà il Consigliere federale Joseph Deiss; il quale, tuttavia, ha potuto contare sulla schiera dei fautori del "partito preso", e dunque si è sentito persino in dovere di ironizzare sulle parole del Consigliere nazionale zurighese.     Proviamo a riassumere le ragioni in forza delle quali la Svizzera non deve entrare nell'Onu?   Christoph Blocher: Mi domando se esista un solo motivo per il quale la Svizzera dovrebbe entrare a far parte dell' Onu politica. Facciamo già parte di tutte le sottoorganizzazioni delle Nazioni unite, e paghiamo già oltre 500 milioni di franchi all'anno. Ebbene, adesso c'è chi vuole farci firmare a forza un contratto che attribuirebbe al Consiglio di sicurezza di quell'organizzazione una quantità inverosimile di poteri: la facoltà di imporci l'attuazione di sanzioni economiche e politiche verso questo o quel Paese, la facoltà di imporci l'interruzione dei rapporti con questo o con quel Paese, eccetera. Nel Consiglio di sicurezza siedono le "grandi potenze", quelle che hanno il diritto di "veto"; e noi, una volta che avessimo aderito all'Onu, verremmo trascinati nei conflitti internazionali perdendo automaticamente la neutralità. Allucinante: l'essere neutrali, infatti, significa il non immischiarsi in conflitti internazionali.   Dopo aver seguito il dibattito in Parlamento, però, c'è chi potrebbe avere questa impressione: Christoph Blocher dice il falso, e la ragione sta dalla parte del Consiglio federale.   Blocher: Non so, io non ho avuto l'impressione che il Consiglio federale abbia ragione. Sebbene continui a sbandierare il contrario, il Consiglio federale non vuole più una Svizzera neutrale. Della neutralità del nostro Paese il Consiglio federale si fa scherno? Semmai il Consiglio federale vuole partecipare, viaggiare, saltellare da una conferenza all'altra, infine parlare e chiacchierare senza curarsi dei risultati. Anzi, i risultati sono la minore delle preoccupazioni del nostro Esecutivo. Ma è il Popolo a volere la neutralità, ed a volerla proprio per evitare che i politici possano trascinare il Paese in qualche pasticcio.   Come verrà articolata la campagna in vista della votazione popolare di marzo (questa, almeno, è la data più probabile)?   Blocher: Molto semplicemente: diremo a chiare lettere al popolo svizzero che cosa noi tutti perderemmo entrando a far parte dell'Onu. Ero copresidente del comitato contro l'adesione all'Onu già nel 1986 e, in quell'occasione, il 75 per cento delle cittadine e dei cittadini svizzeri si pronunciò con un "no" all'adesione.   Durante il dibattito parlamentare molti deputati hanno affermato di essere stati contrari all'adesione all'Onu nel 1986, ma di aver cambiato idea, proprio perché i tempi sarebbero cambiati. Quali sono questi cambiamenti, sempre nell'illogica dell'adesione all'Onu?   Blocher: Come detto, nel 1986 ero presidente del comitato contro l'adesione all'Onu e francamente non mi ricordo di aver visto tra i militanti quei deputati che hanno affermato di essere stati contrari allora ma si dichiarano favorevoli oggi. Ricordo invece benissimo il fatto che, già allora, in Parlamento i contrari erano piuttosto isolati. Nemmeno il gruppo dell'Udc era compatto per il "no": a sostenere la "non adesione" eravamo quei pochi "Mohicani"? la maggior parte dei quali, oggi, non è più presente in Parlamento. Oh, sicuro: è possibile che, nel 1986, dietro le nostre quinte vi fosse taluno di quelli che dicono di essere a favore oggi. Di certo so che oggi la pressione da parte della classe politica è molto più virulenta rispetto ad allora, con un tentativo surrettizio di far credere che contrarî all'adesione siano soltanto i sostenitori dell'Udc e della Lega.   Un suo collega ha affermato a chiare lettere in Parlamento quanto segue: alcuni funzionari del Dipartimento federale degli affari esteri avrebbero partecipato attivamente alla raccolta delle firme per l'iniziativa per l'adesione all'Onu.   Blocher: Vero. Non solo: quei funzionari hanno raccolto firme durante le ore di lavoro ed usando i telefoni della Confederazione. Ho ricevuto lamentele da parte di alcuni funzionari che mi hanno testualmente detto di essere stati costretti a raccogliere firme. Ho scritto al consigliere federale Deiss per saperne di più? e per tutta risposta Deiss ha asserito che il raccogliere firme per un'iniziativa è un diritto delle cittadine e dei cittadini. Questa è la realtà in cui ci muoviamo. Nel caso specifico, siamo arrivati al punto che il Consiglio federale ha promosso l'iniziativa, l'ha fatta, ha aiutato a raccogliere le firme attraverso i funzionarî quando si è accorto che l'iniziativa stava per fallire e, "dulcis in fundo", investe milioni di franchi "pubblici" per convincere il Popolo a votare "sì". Questo è il modo in cui, oggi, il Consiglio federale rispetta la democrazia, ed ecco la vera ragione per cui esso vuole entrare a far parte di tutte le organizzazioni internazionali: il Popolo dovrà solo pagare, senza più avere nessun diritto e senza più poter dire la sua.   E che cosa pensa di fare per evitare questo suicidio assistito?   Blocher: Votare e far votare "no" per l'adesione all'Onu.   Da parte nostra, in questo senso, non vi è problema alcuno. Argomento correlato: come valuta gli assalti terroristici agli Stati Uniti?   Blocher: I gravi attacchi agli Usa dimostrano quanto pericoloso sia ormai il mondo. Le chiacchiere secondo cui sarebbe possibile aggredire un Paese solo dopo aver annunciato le proprie intenzioni con largo anticipo non corrispondono in nessun modo alla realtà. Oggi sappiamo che attacchi ed aggressioni possono aver luogo a sorpresa e partire dal Paese stesso, ed è per questo che bisogna stare in guardia. Anche la Svizzera deve prestare parecchia attenzione. Non si dimentichi che qui sono state tollerate a lungo attività terroristiche di gruppi stranieri sul territorio: l'Uck, ad esempio. Non so fino a che punto noi siamo coinvolti nel caso specifico, ma so che queste cose sono da prendersi sul serio. E' allora necessario l'istruire i nostri organi di sicurezza in modo da poter evitare pericoli analoghi. E se, ad onta di ogni sforzo preventivo, azioni terroristiche avessero luogo sul nostro territorio, dovremo essere pronti ad intervenire immediatamente.   Come reagirebbe se venisse a sapere che i terroristi che hanno attaccato gli Usa disponessero di fondi nelle banche svizzere?   Blocher: Questo non può essere escluso "a priore", anche perché il terrorista viene riconosciuto come tale solo dopo aver compiuto l'attacco? prima si tratta di una persona come tutte le altre, gentile, incensurata e "normale" a tutti gli effetti. Tuttavia, quando si è sicuri del contrario, i conti in questione sono da bloccarsi e da chiudersi. Nel nostro Paese non c'è posto per quel genere di denaro.   Qualcuno potrebbe pensare: agendo così, viene indebolito o allentato il principio del segreto bancario.   Blocher: No. Il terrorismo, fino a prova contraria, è un'azione criminale, ed i soldi che sono provento di azioni criminali o che servono a finanziare azioni criminali non ricadono sotto le norme proprie del segreto bancario.   A suo avviso, quali ripercussioni avranno questi eventi sulla Svizzera?   Blocher: Io spero che ora la Svizzera si svegli e riconosca: a) che questi sono i pericoli con cui saremo confrontati nell'immediato futuro; b) che questi sono i pericoli che dobbiamo essere pronti a combattere.   Che cosa può fare, in questo senso, il nostro Esercito?   Blocher: Noi abbiamo bisogno di un Esercito di milizia forte e numeroso, di un Esercito con competenze e con una conoscenza concreta del territorio, di un Esercito che sia addestrato per far fronte ad ogni tipo di situazioni, di un Esercito che sia pronto ad intervenire in ogni momento e rapidamente. Non abbiamo bisogno di carri armati, bensì di battaglioni di fanteria addestrati per compiti speciali e che siano, mi ripeto, pronti ad intervenire rapidamente. Un po', se mi permette il paragone, come avviene con i pompieri.   I sondaggi più recenti danno in ascesa il suo partito e quello liberale-radicale, in ascesa, mentre Ppd e socialisti sarebbero in calo?   Blocher: Ma è possibile che il Ppd possa calare ancora?.   Scherzi a parte, crede che questi sondaggi siano pilotati e che, in fondo, si tratti di giochi tattici? Oppure attribuisce fiducia ai sondaggi?   Blocher: Non so che dirle. Io non ho mai creduto molto ai sondaggi. Il nostro partito combatte per ottenere un buon risultato anche nelle prossime elezioni nazionali. D'accordo, forse non potremo crescere fino a toccare il cielo; io sarei contento se ci riuscisse di confermare i risultati delle ultime elezioni.   Qualora ciò accadesse si riproporrebbe la questione del secondo consigliere federale?   Blocher: E' chiaro che, se del caso, noi lo chiederemo. Se non ce lo dovessero dare, be', gran parte del nostro gruppo sarà ancora all'opposizione.   A proposito: per la cena, come facciamo?   Blocher: In un momento più tranquillo, ammessa e non concessa la tesi secondo cui questi tempi verranno.   * * *   Beh: comunque sia, il "menù" è già ampiamente fissato.   IL «MENU BLOCHER»   "Croûtes au fromage" - Tagliate alcune fette di pane bianco piuttosto spesse (una fetta a persona) e inzuppatele di vino bianco. Tagliate alcuni spicchî di aglio a fettine molto sottili e disponete queste ultime sulle fette inzuppate che porrete in una pirofila inburrata. Prendete qualche pezzo di formaggio dell'Alpe o di groviera e mettetelo nel "mixer-cutter" (100 grammi per persona), aggiungete un rosso d'uovo (uno per 4 persone) e, a poco a poco, panna liquida fino al momento in cui otterrete una crema non troppo liquida. Disponete la crema sulle fette di pane, pepate a volontà e secondo i vostri gusti ed infilate la pirofila nel forno preriscaldato (180 gradi) fino a che il formaggio sia dorato. Servite le fette molto calde.   Fegato di vitello con Rösti - Il giorno prima, fate bollire qualche patata con la buccia. Pelate le patate, passatele alla grattugia, salatele e pepatele. In una padella fate rosolare alcuni dadi di speck affumicato in molto burro per arrostire. Aggiungete le patate, cercando di non schiacciarle troppo, e appiattitele. Quando avete l'impressione che i Rösti siano dorati, girateli usando un coperchio (come si fa con le frittate) e fateli dorare anche dall'altra parte. Se necessario, aggiungete ancora un po' di burro per arrostire. Nel frattempo, prendete il fegato di vitello sminuzzato e fatelo rosolare a fuoco vivo. A metà cottura toglietelo dal fuoco e scolatelo dal grasso. In un'altra padella fate appassire una cipolla in poco burro. Aggiungete una spruzzata di vino bianco e un dado (se possibile, fondo bruno di vitello al posto del dado, ovviamente?). Fate ridurre la salsa ed aggiungete panna liquida parimenti da far ridurre. Abbassate il fuoco ed aggiungete il fegato sminuzzato che non deve più bollire. Fate riposare un attimo e servite con i Rösti.      

19.09.2001

Blocher gegen Gysin: «Jetzt erst recht (nicht) in die UNO!»

Streitgespräch mit Nationalrat Remo Gysin in der Basler Zeitung vom 19. September 2001 Christoph Blocher und Remo Gysin, die beiden Hauptkontrahenten der Abstimmungskampagne über den UNO-Beitritt, stritten gestern am Rand der UNO-Debatte im Nationalrat darüber, ob und wie die Terroranschläge in den USA den Entscheid des Schweizervolks beeinflussen. Blochers Nein zur UNO ist schärfer, Gysins Ja klarer geworden. Moderiert und aufgezeichnet: Niklaus Ramseyer, Tilman Renz und Lukas Schmutz Herr Blocher und Herr Gysin, was ist in den USA passiert und welche Schlüsse ziehen Sie aus diesen grässlichen Ereignissen? Blocher: Da haben raffinierte und intelligente Leute ohne grosse eigene Mittel ungeheure Wirkung erzielt und grossen Schaden angerichtet. Bezeichnend ist dabei, dass sie aus dem angegriffenen Land heraus agiert und zum Teil im Lande selbst zuvor noch trainiert haben. Wenn es bin Laden war, wäre es sogar ein Angreifer, der früher vom amerikanischen Geheimdienst bezahlt und ausgebildet worden ist. Und was folgern Sie daraus für die Schweiz? Blocher: Man muss das ernst nehmen und unser Land muss seine Sicherheitssysteme endlich darauf ausrichten. Dass wir militärisch angegriffen würden und dass es nach langen Vorwarnzeiten zu grossen Panzerschlachten käme, das steht nicht mehr im Vordergrund. Es braucht ein gründliches Umdenken in der Sicherheitspolitik. Wie sieht Ihre Analyse aus Herr Gysin? Gysin: Kernpunkte sind unbeschreibliches Leid als Folge einer furchtbaren Gewalt, dann auch die Demütigung eines ganzen Landes, einer Supermacht. Das ist Terrorismus in schwerster Form; und die Auswirkungen lassen sich noch gar nicht abschätzen. Getroffen wurden zudem Symbole der westlich-kapitalistischen Welt mit ihrer Führungsmacht Amerika. Das zentrale Symbol des Militärs wurde getroffen, das sich als ohnmächtig erwiesen hat... Blocher: ...wie auch die CIA... Gysin: ...genau, wie auch die CIA. Getroffen wurde auch ein Hauptsymbol des Welthandels. Dahinter stecken Armut und weitere Ursachen des Terrorismus. Und Ihre Folgerung für die Schweiz? Gysin: Das Militär aufzurüsten, wie das Herr Blocher will, ist unnötig. Es gibt für mich zwei Strategien: Erstens, den Terroristen den Nährboden entziehen und Ungerechtigkeiten abbauen. Zweitens ihre Waffen- und Finanztransaktionen unterbinden. In der Schweiz müssen wir ein Klima der Toleranz gegenüber den Fremden schaffen. Wir müssen mehr über den Islam wissen ... Blocher: Gut, aber bei den Hintergründen aufpassen. Bei bin Laden hat das nichts zu tun mit der Armut. Dahinter stecken ausgesprochen reiche Leute. Für sie ist es eine ethnische und religiöse Auseinandersetzung. Ihr Netz ist eben auch in den reichen Ländern verankert. Die Frage ist, können Sie sich mit Ihrer Toleranz gegen solche Kämpfer wappnen? Gysin: Ich rede doch nicht von Toleranz gegenüber Terroristen. Und die Wahrscheinlichkeit, dass religiöser Fanatismus mit hineingespielt hat, ist gross. Aber die Rekrutierungsbasis der Terroristen liegt bei den Menschen, die nichts mehr zu verlieren haben. Wie beeinflussen die Ereignisse das Verhältnis der Schweiz zur UNO? Blocher: Es ist klar sichtbar geworden, wie ausserordentlich wichtig die Neutralität für uns als Sicherheitsgarantin ist. Und zwar die bewaffnete, immer währende, selbst gewählte und bündnisfreie Neutralität. Das ist das Mittel, dass wir nicht in solche verrückte Auseinandersetzungen hineingezogen werden. Wenn es bin Laden war, war es einmal schick, dass man Terroristen aufrüstet, das hat damals niemanden geärgert, und einige Jahre später will man nun das Gegenteil tun. Als kleiner Staat darf man sich da nicht reinziehen lassen. Und das ist der springende Punkt, warum ich gegen den Beitritt zur UNO bin. Gysin: Ich sehe das völlig anders. Dieser schreckliche Terroranschlag hat gezeigt, dass Gemeinschaft gefragt ist. Ein einzelnes Land kann wenig dagegen ausrichten. Da findet die UNO in ihren Kernaufgaben eine Bestätigung - nämlich präventiv gegen Armut, Diskriminierung und auch gegen Rassismus vorzugehen. Die UNO, Herr Blocher, bekämpft seit 1972 auch ganz konkret den Terrorismus. Sie hat erst kürzlich neue Konventionen gegen Bombenterror und gegen die Finanzierung des Terrorismus beschlossen ... Blocher: ...mit welchem Erfolg?... Gysin: Die Schweiz wird das nächstens ratifizieren. Das Bankgeheimnis darf Terroristen wie Mobutu nicht mehr schützen. Herr Blocher, die Schweiz ist bei allen UNO-Unterorganisationen dabei und zahlt dafür 450 Millionen pro Jahr. Sie sind gegen die UNO. Warum verlangen Sie nicht auch den Rückzug aus den Unterorganisationen? Da könnten Sie erst noch viel Geld sparen. Blocher: Die Teilnahmen an technischen Unterorganisationen ist mit unserer Neutralität nicht im Widerspruch. Wir werden dadurch nicht verpflichtet, gegen andere Staaten diskriminierende wirtschaftliche, politische oder gar militärische Massnahmen mitzumachen. Bei all den Bereichen, die Herr Gysin angesprochen hat, sind wir dabei: Menschenrecht, Bildung, Landwirtschaft, Gesundheit, Währungsfonds überall sind wir mit dabei. Das entscheidende ist jedoch der Vertrag über die Vollmitgliedschaft, weil der Sicherheitsrat gemäss Artikel 41 der Charta Mitglieder zu diskriminierenden Massnahmen verpflichten kann. Darin haben fünf Grossmächte das Vetorecht und da würden wir reingezogen. Sie wollen die Neutralität zu einem zentralen Argument Ihres Abstimmungskampfs machen, Herr Blocher. Warum eigentlich, alle andern Neutralen sind in der UNO und spielen eine wichtige Rolle, haben Generalsekretäre gestellt. Gysin: Genau, Irland, Österreich, Schweden - alle Neutralen sind dabei. Blocher: ...Ich muss Ihnen sagen, die Neutralitäten Finnlands und Schwedens sind nicht integral. Schweden hat eine Neutralität von Fall zu Fall, und Österreich hat eine Verpflichtung aus dem Friedensvertrag... Gysin: ...und Turkmenistan hat nochmals eine andere Neutralität und auch die Schweizer Neutralität ist nicht mehr die gleiche wie früher. Und die UNO akzeptiert alle Neutralitäten. Aber Ihre Neutralität ist nicht die, mit der wir leben... Blocher: ... das ist interessant Herr Gysin. Was wollen Sie denn für eine? Keine integrale? Keine dauernde? Keine bewaffnete, nicht eine bündnisfreie, dann sagen Sie uns das doch mal. Sagen Sie es, Herr Gysin! Gysin: Wir... Blocher: ...wer wir? Gysin: ...wir Befürworter ... Blocher: ...aha, gut!... Gysin: ... wir Befürworter stützen uns auf die Neutralität, so wie sie in der Verfassung steht. Diese wird auch von der UNO respektiert. Lesen Sie Artikel drei Absatz drei der UNO-Charta. Über militärische Sanktionen werden wir auch als UNO-Mitglied allein entscheiden. Das tangiert unsere Neutralität nicht. Armutsbekämpfung, Gesundheitspolitik und Friedenspolitik... Blocher: ...da sind wir überall dabei... Gysin: ... das sag ich ja, die UNO hat Kopf und Beine. Wenn wir nur bei den Gliedern, den Spezialorganisationen, beim Kopf jedoch, also bei der Generalversammlung, nicht dabei sind, dann klappt das nicht. Nun aber nochmals zur Neutralität. So wie die Schweiz sie versteht, gilt sie militärisch gegenüber einzelnen Ländern. Die UNO ist aber eine Gemeinschaft, bei der alle dabei sind. Die UNO ist in der Rolle des Polizisten gegenüber dem Verbrecher und da gibt es keine Neutralität, wie auch nicht gegenüber Terroristen - oder sind Sie da anderer Meinung? Blocher: Terroristen sind Kriminelle; sie vertreten keinen Staat. Zur Neutralität. Es ist nicht neu, dass die Politiker die Neutralität nicht achten, weil die Neutralität die Politiker in ihrer Bewegungsfreiheit einschränkt. Neutralität heisst sich nicht einmischen... Gysin: ...Sie reden, als ob sie kein Politiker wären... Blocher: ...ich begreife, dass Sie es nicht gern hören, wenn ich über Neutralität spreche... Gysin: ...doch, Neutralität ist eines meiner Lieblingsthemen... Blocher: ...also, Neutralität ist das typische Mittel des Kleinstaates, nicht in Auseinandersetzungen der Grossstaaten hineingezogen zu werden und sich nicht einzumischen. Und sie ist für die Schweiz nur dann glaubwürdig, wenn sie dauernd ist. Eine solche Neutralität hat nur die Schweiz. Heute nutzen wir die Chancen nicht, die sich daraus ergeben, weil der Bundesrat die Neutralität eigentlich nicht mehr will. Er will ja in die EU und in die UNO ist nur eine Etappe dafür... Gysin: ...Jetzt vermischen Sie aber alles... Blocher: ...nein, ich zitiere nur Herrn Deiss, und zwar wörtlich. In dieser ganzen Öffnung ist die UNO eine Etappe und da hat die Neutralität keinen Platz. Es tut mir leid, dass ich das sagen muss... Gysin: Nach Ihrem Gusto heisst Neutralität, dass wir wirtschaftliche Sanktionen der UNO durchbrechen und Despoten wie Saddam Hussein beliefern. Blocher: Nein, wir stehen eben auf keiner Seite. Das ist die grosse Kunst. Herr Gysin, wer definiert denn, wer die Despoten sind? Gysin: Das macht der UNO-Sicherheitsrat. Blocher: eben, eben... Im Sicherheitsrat haben fünf Grossmächte ein Vetorecht - da geht also Macht vor Recht. Wie wollen Sie das dem Volk erklären, Herr Gysin? Gysin: Das wäre historisch erklärbar, ich will es aber nicht erklären, weil es auch für mich nicht akzeptabel ist. Das wollen wir ändern. Aber wir können es besser, wenn wir drin sind, als wenn wir draussen vor der Tür bleiben. Blocher: Ha, Illusionen, Illusionen! Gysin: ...zudem tragen wir jetzt schon alle wirtschaftlichen Sanktionen der UNO mit... Blocher: ...der Bundesrat macht das freiwillig, nicht wir... Gysin: ...die Schweiz macht das, und auch Sie können nicht anders, Herr Blocher. Und ich finde es auch richtig so... Blocher: ...Sie schon, das ist ja klar, es ist Ihnen auch gleich, was für Dummheiten passieren... Gysin: ...nein, sicher nicht... Blocher: Doch, Hauptsache ist Ihnen doch, Sie sind dabei. Herr Blocher, die Wirtschaftsverbände sind für den UNO-Beitritt. Warum sind Sie als Grossunternehmer dagegen? Blocher: Die Wirtschaftsverbände schauen immer, wo die momentanen Interessen sind. 1992 waren sie für den EU-Beitritt und heute wollen sie nichts mehr davon wissen. So schnell geht das. Aber man kann nicht die Staatsprinzipien nicht nach den momentanen Interessen ändern. Gysin: Die Wirtschaft hat eingesehen, dass ein Gegengewicht zur nur wirtschaftlichen Globalisierung notwendig ist, wo soziale, menschenrechtliche und ökologische Standards mit hineinkommen. Und dieses Gegengewicht kann nur die UNO schaffen. Warum meinen Sie, werden die Terror-Anschläge in den USA die UNO-Abstimmung in Ihrem Sinne beeinflussen? Blocher: Weil sie zeigen, wie unglaublich, die Machtauseinandersetzungen auf der Welt sind. Es ist wichtig, sich nicht in diese einzumischen, um glaubwürdig neutral zu bleiben. Gysin: Ich bin nicht sicher, wie das Schweizer Volk auf die Ereignisse reagiert und wie die Abstimmung herauskommt. Aber es war ein sehr starkes Gemeinschaftsgefühl spürbar. Es ist offensichtlich, dass Terrorismus in dieser Form vor keinen Landesgrenzen halt macht.

11.06.2001

Une majorité de hasard

Interview dans Le Temps du 11 juin 2001 Sans être mauvais perdant, Christoph Blocher relativise la défaite qu'il a subie. Le président de l'ASIN menace de revenir à la charge avec un référendum contre la réforme Armée XXI si Samuel Schmid ne tient pas ses promesses. Par Stéphane Zindel, Berne Le vote a été serré. Iriez-vous jusqu'à parler de majorité de hasard? Christoph Blocher: Il s'agit indiscutablement d'une majorité de hasard. Nous aurions tout aussi bien pu gagner. On peut comparer la situation à celle de la votation sur l'Espace économique européen (EEE) en 1992 où une très faible majorité du peuple nous avait en l'occurrence donné raison. Comme à l'époque, la majorité des cantons a nettement refusé le projet. Ce qui ne joue aucun rôle cette fois-ci, car la majorité simple suffisait. Ce résultat n'en est pas moins la première défaite significative de l'Action pour une Suisse indépendante et neutre (ASIN) devant le peuple... Blocher: Non, nous avions déjà perdu la votation sur l'adhésion au Fond monétaire international et à la Banque mondiale en 1992. Mais vous n'aviez de loin pas jeté toutes vos forces dans la bataille comme cette fois-ci... Blocher: 49% de non alors que le Conseil fédéral a pratiquement fait du scrutin un plébiscite ces derniers dix jours, cela se laisse regarder. La bataille Armée XXI paraît toutefois perdue pour vous... Blocher: Nullement. Samuel Schmid n'a gagné que parce qu'il s'est clairement engagé durant la campagne à ne pas affaiblir la neutralité, à maintenir l'armée de milice et à ne pas s'acoquiner avec l'OTAN. Nous le prenons au mot. On verra concrètement dans le projet de loi Armée XXI s'il tient ses promesses ou s'il maintient la doctrine nouvelle qui sous-tend la réforme. S'il devait revenir sur ses promesses, il peut compter sur un nouveau référendum. Votre défaite est accentuée par le fait qu'une partie non négligeable de non provient, spécialement en Suisse romande, de milieux pacifistes ou du moins critiques à l'égard de l'armée... Blocher: L'essentiel des non provient de la droite. Le fait que les régions urbaines aient voté oui est la preuve que l'électorat de gauche a majoritairement soutenu Samuel Schmid. A l'inverse, la grande majorité des cantons qui ont dit non ne sont clairement pas des cantons hostiles à l'armée. Bien que la campagne n'ait guère porté sur l'ONU, le vote d'aujourd'hui semble montrer que la Suisse est mûre pour y entrer. On imagine mal que des gens qui ont voté oui aujourd'hui, voteront non à l'adhésion à l'ONU... Blocher: Je connais des radicaux qui ont soutenu les deux objets militaires aujourd'hui et qui diront non à l'adhésion à l'ONU. Celle-ci remettrait en cause notre neutralité car elle soumettrait la Suisse aux décisions du Conseil de sécurité. Vous ne croyez pas que la bataille de l'ONU soit perdue? Blocher: Le combat sera plus difficile car l'UDC sera seule contre tous. Cela dit, le premier scrutin sur l'adhésion à l'ONU en 1986 était extrêmement net (76% de non). En outre, quand bien même une majorité du peuple serait aujourd'hui favorable à l'adhésion, je vous rappelle qu'une double majorité sera nécessaire.

11.06.2001

«Ich bin noch lange nicht erledigt»

Interview mit dem Blick vom 11. Juni 2001 Blocher trotzt: Unbeeindruckt von der Abstimmungsniederlage gibt der Kämpfer für Neutralität und Unabhängigkeit nicht auf. Er behauptet, sie sei auch bei einem Uno-Beitritt bedroht. Deshalb sei er jetzt erst recht gefordert, erklärt Christoph Blocher im BLICK-Interview. von Georges Wüthrich, Zürich Herr Blocher, was bedeutet diese Niederlage für Sie? Christoph Blocher: Ich verstehe Ihre Frage nicht. Sie haben verloren. Blocher: Natürlich, und das bedauere ich auch. Aber Ihre Gegner sagen Ihr politisches Ende voraus. Blocher: Wer meint, ich sei erledigt, der täuscht sich. Man hat mein politisches Ende schon manchmal angesagt. Nochmals: Was bedeutet der 10. Juni 2001 für Ihre politische Karriere? Blocher: Die geht weiter. Nur noch etwas intensiver. Jetzt muss ich wachsam sein wie ein "Chog", dass der Bundesrat alle Versprechen einhält, die er unter unserem Druck gemacht hat: neutral bleiben, Milizarmee aufrechterhalten, kein Nato-Anschluss. Der nächste Prüfstein ist die Armeereform XXI, beziehungs- weise die damit verbundene Totalrevision des Militärgesetzes. Wenn der Bundesrat und die Befürworter von heute die Versprechen nicht erfüllen, treten wir wieder an. Dann kommen wir bestimmt durch. Was heisst das für die künftigen Rüstungsprogramme? Blocher: Diese Kredite werden wir ganz genau durchleuchten und jeden Schabernack heftig bekämpfen. Welchen Schabernack? Blocher: Beispielsweise die Vorbereitung auf eine Kriegsführung im so genannten operativen Vorfeld von 300 Kilometer Radius. Ich will keine Schweizer Brigaden vor Genua. Das steckt nachweisbar in den Köpfen des VBS - und das muss Samuel Schmid wieder rausbringen. Und der Uno-Beitritt? Blocher: Ich trete nochmals voll gegen den Uno-Beitritt an, weil die Neutralität aufgegeben wird. Was sagen Sie zum Sieg des Bundesrates gegen Sie? Blocher: Ich habe die Militärvorlagen nicht zum Prestigeobjekt zwischen mir und dem Bundesrat gemacht - ganz im Gegensatz zum Bundesrat. Ich hätte ja nach dieser Rechnung 49 Prozent der Schweizer Bevölkerung hinter mir und der siebenköpfige Bundesrat nur 51 Prozent. Das wäre ja für den Bundesrat wahnsinnig.

26.05.2001

Es geht um die Preisgabe der Neutralität

Interview mit dem Bündner Tagblatt vom 26. Mai 2001 Bei den Militärvorlagen gehe es nur vordergründig um Bewaffnung oder militärische Zusammenarbeit. Ziel sei die Annäherung und Unterstellung unter die Nato, und damit die Preisgabe der Neutralität, betont Nationalrat Christoph Blocher. Interview Claudio Willi Soldaten sind per Definition bewaffnet - warum sollen Schweizer Soldaten nicht zum Selbstschutz im Ausland bewaffnet sein dürfen? Christoph Blocher: Der Soldat ist immer bewaffnet und er ist eine Person, die geschult wird, Krieg zu führen. Krieg aber führt man nur zur Verteidigung der eigenen Freiheit und Unabhängigkeit. Wenn man als Soldat ins Ausland geht, wird man Partei, verstösst gegen unsere Neutralität. Deshalb haben Schweizer Soldaten im Ausland nichts verloren. Aber schon heute sind Schweizer Soldaten im Ausland, und zum Teil bewaffnet... Blocher: Warum muss man denn das Gesetz ändern, wenn sie zum Teil schon bewaffnet sind? Das zeigt doch nur: Es geht um eine Eskalation. Jetzt sollen auch die Schützenpanzer mit Geschützen bestückt werden. Schweizer Soldaten haben im Ausland nichts zu suchen, bewaffnet oder unbewaff-net, mit ganz wenigen Ausnahmen wie im Koreakrieg, wo beide Seiten es so wollten. Ist es denn richtig, dass nur andere Länder die militärischen Kastanien aus dem Feuer holen? Blocher: Die Schweiz soll humanitäre Hilfe leisten. Es nützt wenig, wenn auch noch Schweizer Solda-ten das Gleiche machen wie die anderen. Wer das Gebiet besetzt - bombardiert, wie die Nato - hat das Machtmonopol und muss Ordnung und Sicherheit gewährleisten. Die Mächte haben Verantwor-tung und tragen sie auch, weil es auch ihren Interessen entspricht. Die Schweiz soll also wieder einmal abseits stehen? Blocher: Ich will nicht, dass wir völlig abseits stehen, aber ich will, dass wir etwas machen, was die andern nicht machen. Die Schweiz soll humanitäre Hilfe leisten, und zwar unbewaffnet, unparteiisch und neutral, auf beiden Seiten - das ist die Stärke der Schweiz, so ist auch das Rote Kreuz entstan-den. Die SVP will ein humanitäres Korps schaffen, wie das Katastrophenhilfskorps, aber Bern ist dagegen. Das Motiv der beiden Militärvorlagen aber ist, die Schweiz auch im Ausland einzusetzen. Bern will in die internationalen Strukturen und Organisationen: Die ganze Armee wird auf Nato-Standard umgemodelt, damit man mit anderen Armeen zusammen auch Krieg führen kann. Das ist unakzeptabel. Stichwort militärische Zusammenarbeit: Die gibt es doch bereits heute, die Flugwaffe beispielsweise übt auf Sardinien, in Norwegen. Warum nicht? Blocher: Heute ist dies schon möglich, das zeigt, es brauchte gar keine neuen Gesetze. Aber heute üben wir im Ausland nur für unsere Bedürfnisse, damit wir besser ausgebildet sind, um unsere Freiheit und Unabhängigkeit zu verteidigen, wenn es notwendig sein sollte. Und streng verboten ist eine Ko-operation mit einer anderen Armee, um Krieg führen zu können, weil das gegen die Neutralität ver-stösst. Das soll jetzt neu geändert werden, Rahmenabkommen sollen ermöglichen, Ausbildung zu betreiben, mit dem Ziel, mit anderen Armeen im Ernstfall in den Krieg zu ziehen. Das ist ein massiver Durchbruch, das ist gefährlich und hat Konsequenzen. Der Kampf wird auch nicht mehr an der Gren-ze, sondern im operativen Vorgelände, also im Raum München bis ans Mittelmeer hinunter geplant. Wenn man sich vorstellte, was eine solche Verteidigung im Zweiten Weltkrieg gebracht hätte: Unser Land wäre überrannt worden, die Schweiz wäre Kampfplatz geworden, mit Tod, Elend und Verwüs-tung, und Soldatenfriedhöfe wären Realität geworden. Es geht nicht einfach um etwas mehr Bewaff-nung von Soldaten zum Selbstschutz, sondern um eine Unterstellung un- serer Armee unter die Nato. Aber die Schweizer Armee kann doch auch nicht allein auf sich gestellt bestehen? Blocher: Ich kann es gar nicht verstehen, dass man dies heute so sagt. Haben wir dies nicht über 200 Jahre machen können? Und es gab schon gefährlichere Zeiten als heute. Für künftige Konflikte kann die Schweizer Armee sich sehr wohl behaupten, und erst noch billiger. Die Schweiz aber hat die Er-fahrung gemacht, wenn man neutral ist, holt man die Konflikte nicht ins eigene Land. Fremde Händel soll die Armee deshalb auch künftig bleiben lassen. Aber technische Kooperation mit der Nato ist sinnvoll? Blocher: Kauf und Erneuerung von Waffen im Ausland verletzt unsere Neutralität nicht. Damit opfern wir auch nicht Soldaten für Kriegsspiele im Ausland. Das eine bedeutet Schutz, das andere ist für eine Offensivarmee im europäischen Raum gedacht. Das sind höchst verschiedene Motive. Wer das be-treibt, denen ist die Schweiz verleidet. Der EU-Beitritt ist nicht gelungen, jetzt wird der Weg über die Armee gesucht. Wir aber haben viel zu verlieren. Wäre Mitmachen statt Rosinenpicken nicht auch ein Solidaritätsbeitrag an eine Wertegemeinschaft? Blocher: Diese Musik hören wir nun schon seit zwanzig Jahren. Man müsse mitmachen, sonst sei man isoliert, heisst es. Das Volk glaubt das langsam aber sicher nicht mehr. Alle Staaten nehmen ihre Interessen wahr. Wer sich auf Illusionen stützt, täuscht sich, läuft in die Falle. Wäre eine offene Abstimmung über eine Zusammenarbeit mit der Nato ehrlicher? Blocher: Eindeutig. Jetzt soll es eine Annäherung an die Nato geben. Und später wird es heissen: Jetzt müssen wird doch in die Nato, da wir mit ihr schon eng zusammenarbeiten. Das ist der Zweck der Übung! Aber das ist hinterhältig. Da wird das Volk zum Narren gehalten. Aber es gibt immer mehr Leute, die merken, was hier abläuft. Kampflos geben wir die Neutralität nicht preis. Was gewinnt die Schweiz mit 2x Ja? Blocher: Da sehe ich keinen Nutzen, sondern nur Nachteile. Bei 2x Ja verliert die Schweiz sehr viel. Sie verliert ihre zweihundertjährige Friedenspolitik, die dazu geführt hat, trotz grosser internationaler Auseinandersetzungen der Schweiz Frieden, Freiheit und Unabhängigkeit zu erhalten. Kein Land in Europa hat eine solche Tradition. Wenn wir in den europäischen Raum gehen, verlieren wir an Sicherheit, verlieren an Freiheit und Selbstbestimmung, bei internationalen Konflikten sind wir nicht mehr neutral und werden auch nicht mehr als neutral angesehen. Die Preisgabe der Neutralität aber wäre ein grosser Verlust. Deshalb ist jetzt eine solche Weichenstellung hin zur Nato durch 2xNein dringend zu verhindern.