14a Assemblea generale ordinaria dell’ ASNI

Messaggio di benvenuto e valutazione della situazione del 8 maggio 1999

Del dott. Christoph Blocher, consigliere nazionale e presidente dell’Azione per una Svizzera neutrale e indipendente (ASNI), in occasione della 14a Assemblea ordinaria dell’ASNI di sabato, 8 maggio 1999, a Berna.

Cari membri,
Gentile signore, egregi signori,

Se oggi, in occasione dell’Assemblea ordinaria dell’Azione per una Svizzera neutrale e indipendente (ASNI), si sono riuniti oltre 1200 cittadine e cittadini provenienti da tutto il Paese – molti fra loro si sono addirittura accollati un viaggio di diverse ore -, possiamo parlare di manifestazione, una manifestazione per i valori fondamentali del nostro Paese. Una manifestazione a favore dell’indipendenza e dell’autodeteminazione della Svizzera, per una Svizzera federalista, per una Svizzera in cui le cittadine e i cittadini dovrebbero rimanere l’istanza suprema anche per questioni materiali.

8 maggio 1999

Signore e signori,

Una manifestazione a favore dell’indipendenza della Svizzera proprio l’8 maggio 1999 ha un’importanza particolare

54 anni fa, l’8 maggio 1945, si pose fine in Europa alla seconda guerra mondiale. Una lotta durata sei anni a favore di un’Europa liberale e democratica. Si pose fine alla tirannia e a una dittatura disumana. Possiamo essere riconoscenti alla Svizzera di quei tempi che – parzialmente circondata da un sistema di tirannia – è riuscita a preservare la pace, la libertà, la democrazia e l’indipendenza anche durante la seconda guerra mondiale grazie alla neutralità armata permanente, alla sua volontà di difesa e a circostanze fortunate. Nel 1946, il giorno prima del famoso discorso di Zurigo, Churchill, che svolse un ruolo determinante nella liberazione dell’Europa, lanciò al popolo svizzero, dalle scalinate di Palazzo federale a Berna, le seguenti parole:

“Avete vissuto un periodo di angoscia e in cui siete stati messi alla prova. Sotto l’egida del vostro sistema di Governo semplice e stabile siete stati condotti lontani dai pericoli e dagli intrecci politici che vi avrebbero distrutti se foste stati governati in maniera poco appropriata. Ma come si dice giustamente, una vigilanza costante è il prezzo che bisogna pagare per la libertà. (…) E poiché la libertà risiede nelle montagne, poiché il popolo svizzero ha realizzato, in seno alla Confederazione, l’idea moderna della democrazia sociale, poiché il popolo svizzero ha saputo preservare l’indipendenza rimanendo contemporaneamente aperto al mondo e sempre disposto a soccorre e ad aiutare, ecco è per tutti questi motivi che ne ho una grande stima.”

1999, 500 anni dopo la separazione dall’Impero germanico

A essere simbolico non è solo l’8 maggio, bensì tutto il 1999. Sono passati 500 anni dalla “guerra degli Svevi”. Mezzo millennio fa gli Svizzeri si sono separati dal Sacro Romano Impero germanico. Si tratta di un anniversario importante. Ovvio, quindi, che il Consiglio federale e il Parlamento abbiano deciso, analogamente a come lo hanno fatto l’anno scorso per la cerimonia del 350° anniversario della Pace di Vestfalia, di passare sotto silenzio e di ignorare il 500° anniversario dalla separazione dal Reich e, di fatto, dal distaccamento dal Sacro Romano Impero germanico. Solo Stati dittatoriali hanno normalmente l’abitudine di ignorare gli anniversari a loro non congeniali o di interpretarli a modo loro. Non è infatti un caso, bensì un calcolo politico, se i 500 anni dalla fine della guerra con gli Svevi non vengono festeggiati, in quanto la data ricorda la separazione definitiva della Confederazione dal Sacro Romano Impero germanico. Allora i Confederati si rifiutarono con successo di versare una tassa all’Impero nonché di assoggettarsi alla corte suprema dell’Impero germanico e alla politica di potere europea degli Asburgo. Da 500 anni la Svizzera è praticamente separata dal Reich. Tenuto conto della trascuratezza che si constata attualmente a livello di politica estera della Svizzera, non bisogna sorprendersi, signore e signori, che la Berna ufficiale non commemori questo anniversario, in quanto l’indipendenza è in contraddizione con la capitale federale, che chiede ai cittadini di aderire all’Unione europea: un’adesione all’UE non significa altro che un nuovo assoggettamento della Svizzera a una tassa imperiale, a una corte suprema europea e alla politica di grande potenza europea.

Potremmo forse anche essere felici che il Consiglio federale con commemori l’avvenimento, altrimenti ci vedremmo magari costretti a vedere il Consiglio federale scusarsi davanti a personalità straniere per la vittoria ottenuta nella guerra con gli Svevi e, quindi, per 500 anni d’indipendenza.

Ecco perché, signore e signori, augurarvi il benvenuto nel 500° anniversario della guerra contro gli Svevi e, quindi, in occasione della ricorrenza della separazione della Svizzera dal Sacro Romano Impero germanico e nel giorno del 54° anniversario della fine della seconda guerra mondiale riveste un grande valore simbolico.

La Svizzera e la guerra in Kosovo

Non è solo la commemorazione storica, bensì soprattutto l’attualità che mostra in maniera eloquente l’importanza fondamentale dell’Azione per una Svizzera neutrale e indipendente: gli avvenimenti in Kosovo illustrano a tutti i cittadini svizzeri la necessità dell’indipendenza e della neutralità permanente e armata nel nostro Paese.

Nell’arco di poche settimane, i discorsi superficiali e irrazionali di coloro i quali non hanno mai cessato di affermare che la neutralità è ormai superata e che non ha più alcun futuro e l’affermazione molto approssimativa secondo cui non vi sarebbe più stata guerra sono stati seccamente smentiti dal sanguinoso conflitto scoppiato nella vicina Iugoslavia. Si tratta della riprova di quanto sia pericoloso gettare in mare principi di Stato dando prova di un bisogno superficiale di allacciarsi alle grandi potenze e di una fantasticheria quasi puerile. Ciò vale anche per il fatto di annunciare – tra l’altro contrariamente alla volontà del Sovrano – che i principi costituzionali dell’indipendenza, dell’autodeterminazione, della democrazia diretta, del federalismo e della neutralità permanente e armata devono essere relativizzati in funzione dei nuovi sviluppi. Proprio questo conflitto illustra quanto sia necessaria per la Svizzera la neutralità permanente e armata.

La guerra in Kosovo e l’ASNI

La guerra in Kosovo ha mostrato con altrettanta eloquenza quanto sia importante la nostra organizzazione ASNI. Se ne rende conto un numero sempre maggiore di cittadini. Ecco perché l’anno scorso l’ASNI è riuscita ad aumentare in proporzioni inattese il proprio effettivo di membri, e questo anche in un anno in cui non erano in programma votazioni speciali per la causa dell’ASNI. Attualmente il nostro effettivo conta oltre 35’000 membri, ovvero 5’000 in più rispetto all’ultima Assembla generale. Nel solo mese di marzo l’aumento netto del nostro effettivo è stato di 885 persone, mentre nel mese di aprile l’incremento è stato di altri 775 membri. Constatiamo con piacere che fra i nuovi membri si trovano numerosi Romandi e un numero crescente di giovani cittadini. In vista delle votazioni che ci attendono, questo rafforzamento dell’ASNI riveste un’importanza capitale. In quest’anno di elezioni federali, sia il Consiglio federale, sia il Parlamento temono enormemente votazioni sulla politica estera. Tuttavia, dopo queste elezioni, i cittadini svizzeri saranno chiamati alle urne per pronunciarsi sull’adesione all’UE, sull’invio di truppe armate all’estero, sull’adesione all’ONU politica.

Si dovrà inoltre combattere contro numerose misure e modifiche di legge volte a preparare il terreno a un’adesione alla NATO (preparativi iniziati con la nostra fatale partecipazione alla “Partnership per la pace”). Dovremo inoltre batterci contro i numerosi tentativi che mirano ad attenuare la nostra neutralità e la nostra indipendenza, contro una “sicurezza sopranazionale collettiva” alquanto nebulosa e contro gli slogan pubblicitari quali “la sicurezza grazie alla cooperazione”. Si tratta di raggiri che traggono in inganno i cittadini e il cui fine è quello di portare il nostro Paese verso alleanze di difesa sopranazionali quali la NATO e l’UE.

Per i referendum e le votazioni future che comportano tutti questi progetti occorrerà poter contare su un gran numero di membri al fine di poter condurre la nostra lotta senza la stampa e i mass media – che non fanno altro che parlare di noi in senso spregiativo -, analogamente a come avevamo fatto con successo in occasione degli ultimi progetti di politica estera.

Signore e signori, dobbiamo far fronte alla schiacciante potenza di coloro che possono servirsi delle casse alimentate dai contribuenti per finanziare le loro campagne elettorali, che dispongono di migliaia di funzionari impiegati a tempo pieno e che, di comune accordo con il Consiglio federale, il Parlamento, i partiti politici, le associazioni professionali e la quasi totalità dei media e dei giornali, non si dedicano più all’informazione, bensì unicamente alle campagne a loro favore.

Sin da oggi occorre smascherare numerosi eufemismi e dichiarazioni attenuanti che hanno come unico scopo quello di nascondere le intenzioni reali. Occorre controbattere agli sforzi che mirano a minare sistematicamente l’indipendenza e la neutralità della Svizzera.

La missione dell’ASNI

Signore e signori, la nostra associazione ha come missione e obiettivo di salvaguardare l’indipendenza e la neutralità. E questo rimane il nostro unico scopo. Non cesso di ripetere a numerosi membri che l’ASNI non è un partito politico che si occupa anche di altre questioni. L’ASNI è un’organizzazione indipendente da qualsiasi partito politico; è una lobby che si prefigge di difendere l’autodeterminazione, l’indipendenza e la neutralità di questo Paese. Essa deve rimanere rigorosamente fedele a questo obiettivo senza disperdersi in altri argomenti. Essa deve concentrarsi sull’essenziale. È ovvio che i nostri membri sono liberi di impegnarsi in politica interna anche per altre questioni. Se l’ASNI si occupasse di tutte le questioni politiche, ci metteremmo rapidamente a litigare su argomenti di politica interna dove siamo spesso divisi. Disperderemmo inoltre le nostre forze su centinaia di progetti e giungeremmo molto indeboliti alla lotta principale.

Esistono ovviamente progetti che riguardano marginalmente anche gli interessi dell’indipendenza del nostro Paese. Ciò è stato il caso, ad esempio, per la riforma del Parlamento in cui si chiedeva di introdurre un Parlamento professionale, ciò che sarebbe stato fatale sul piano della politica estera, ma non avrebbe messo in pericolo l’indipendenza. All’epoca abbiamo sostenuto attivamente quest’azione con la raccolta di firme, ma non siamo stati capofila della campagna.

Lo stesso discorso è valso per i segretari di Stato, progetto che abbiamo ampiamente combattuto senza però assumerci la responsabilità, in quanto esso avrebbe certamente favorito l’attivismo sul piano della politica estera, ma l’indipendenza del nostro Paese non ne era minacciata direttamente.

Abbiamo inoltre partecipato anche alla lotta contro gli abusi in materia di diritto d’asilo, ma non ci siamo battuti in primo piano. Il Comitato ha quindi deciso di partecipare alla raccolta delle firme a favore della nuova iniziativa popolare per la lotta contro gli abusi in materia di diritto d’asilo lanciato da un comitato indipendente da qualsiasi partito politico e dall’Unione democratica di centro.

Parteciperemo anche a varie azioni di lotta contro la Fondazione della solidarietà.

Un altro progetto che abbiamo combattuto, anche se non in prima fila, è stato quello relativo ai caschi blu.

Nel corso della recente votazione sulla nuova Costituzione federale, l’ASNI aveva formulato le condizioni per una revisione della Costituzione. L’apposita commissione ha dato seguito a tutte le nostre condizioni. Ciononostante, la nuova Costituzione federale rimane un cattivo progetto. Io, personalmente, l’ho respinto, ma l’ASNI non ha pubblicato al riguardo nessun invito particolare, in quanto la questione non rientrava nel settore d’attività prioritario della nostra associazione.

I nostri compiti

Quest’anno dovremo decidere se lanciare il referendum contro i progetti relativi alla libera circolazione delle persone e all’accordo sul traffico stradale. Questa decisione sarà presa in autunno. Organizzeremo eventualmente un’Assemblea generale straordinaria.

Signore e signori, torno a ripetere che il nostro compito è quello di lottare contro tutte le basi costituzionali e legali dirette contro la Svizzera e la sua indipendenza, neutralità e autodeterminazione.

Ecco perché abbiamo combattuto all’epoca contro l’adesione all’ONU, contro l’adesione al SEE, contro i caschi blu, contro la riforma del Parlamento e dell’Amministrazione con numerosi segretari di Stato e contro una Svizzera senza aerei militari. In definitiva abbiamo impedito a titolo preventivo un’adesione all’UE: se all’epoca il progetto del SEE fosse stato adottato e se non daremmo prova di essere vigili, è da tempo che il Parlamento e il Consiglio federale avrebbero condotto la Svizzera nell’UE passando per la porta principale o per la porta di servizio. In altri termini: ora i cittadini svizzeri starebbero peggio, mentre la Svizzera conterebbe un maggior numero di disoccupati e di persone che vivono al di sotto del minimo esistenziale. Gli Svizzeri sarebbero stati privati della loro libertà, pagherebbero imposte più elevate, percepirebbero salari più bassi e lascerebbero ad altri il compito di decidere sul proprio avvenire.

Signore e signori, affrontiamo il futuro con la stessa decisione. Dobbiamo attrezzarci per opporci con successo nei prossimi anni agli attacchi sferrati contro una Svizzera libera e indipendente. Ciò significa concretamente, opporci con decisione a un nuovo tentativo di aderire all’ONU politica, all’adesione all’Unione europea, all’adesione alla NATO, all’invio all’estero di truppe svizzere armate.

Occorre inoltre prendere posizione contro una dottrina nebulosa all’insegna di una difesa internazionalista che accondiscende i sogni di grandezza di politici e militari di alto rango. In futuro dovremo dire chiaramente no a una condotta benevole in cui ci adeguiamo agli altri. Diciamo sì a una Svizzera libera, indipendente, democratica e sicura di sé.

Recentemente un professore esperto mi ha rivolto la seguente domanda:

“Signor Blocher”, ha detto, “l’art. 185 cpv. 1 della Costituzione federale prevede che il Consiglio federale prenda i provvedimenti necessari per salvaguardare la sicurezza esterna, l’indipendenza e la neutralità della Svizzera.

La vecchia Costituzione prevedeva qualcosa di analogo

All’art. 166 del Codice penale si legge inoltre che chi agisce in modo tale da violare o mettere in pericolo l’indipendenza della Confederazione o che mira all’ingerenza di una potenza straniera negli affari della Confederazione mettendo in pericolo l’indipendenza della stessa, viene punito con reclusione o carcere da uno a cinque anni!

Vede, signor Blocher, dove vanno rinchiusi i nostri politici?”, ha concluso il giurista.

Vi rendete conto di quanto sia importante il nostro compito?

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