Agenda 2006

Discorso del consigliere federale Christoph Blocher in occasione della 18esima Assemblea dell’Albisgüetli dell’UDC zurighese, il 20 gennaio 2006 nella Schützenhaus Albisgüetli, Zurigo

20.01.2006, Zurigo

Zurigo, 20.01.2006. All’Assemblea dell’Albisgüetli di quest’anno, il consigliere federale Christoph Blocher parlò di tre oggetti che concernono intimamente la nostra concezione statale: la nuova legge sugli stranieri, la riveduta legge sull’asilo e la Swisscom. Rivolse inoltre agli astanti l’appello di sostenere gli oggetti con tre sì nell’interesse del Paese e del popolo, ma anche nell’interesse di una politica responsabile.

Dichiarazione del Consigliere federale Christoph Blocher dal 29 marzo 2006 in merito al clamore suscitato dal discorso dell’Albisgüetli 2006 : «Vorrei fare una precisazione in merito a un breve passaggio del mio discorso dell’Albisgüetli 2006. Il testo scritto definisce correttamente due cittadini albanesi come imputati di gravi reati. Nella versione orale, in un solo punto, ho parlato di criminali anziché di presunti criminali. È un errore di cui mi rammarico. Si è trattato di un puro e semplice lapsus. Non è mai stata mia intenzione dare a intendere che gli albanesi in questione fossero criminali condannati.»

I. L’Assemblea dell’Albisgüetli

Quasi vent’anni fa, quando fu inaugurata la prima Assemblea dell’Albisgüetli, i fondatori non pensarono certo che questa manifestazione politica avrebbe raggiunto una tale risonanza in Svizzera. Molti furono gli scettici: si immaginarono con ribrezzo manifestazioni elettorali dove a volte i politici che salgono sul podio sono più numerosi delle persone che ascoltano.

Ma le cose sono andate diversamente: oggi l’Assemblea dell’Albisgüetli è un’istituzione politica nel senso migliore del termine, conosciuta in tutta la Svizzera. Anche quest’anno può vantarsi, secondo quanto mi hanno comunicato gli organizzatori, di aver venduto tutti i 1’400 posti a sedere già il primo giorno, nonostante il prezzo d’entrata di settanta franchi.

II. Gli auspici del popolo e del Paese al centro dell’interesse

Cosa serve al Paese e al popolo? Cosa preoccupa le cittadine e i cittadini? Cosa si aspettano a buon diritto le persone dalla politica? Dobbiamo continuamente porci queste domande.

Dopo il crollo degli Stati socialisti oggi sappiamo che la politica socialista distrugge il benessere e l’occupazione. Ma sappiamo anche che il socialismo è un dolce veleno e che si sta diffondendo di nuovo in modo strisciante. Anche negli Stati industriali occidentali. Anche in Svizzera. Il socialismo è il contrario della responsabilità privata e dell’iniziativa privata. È d’impedimento all’economia e distrugge posti di lavoro. Ecco perché la politica regolamentare è così importante: meno regolamenti, meno imposte, meno tasse ed emolumenti! Questo deve essere sempre al centro dell’attenzione. Lottate fermamente contro il bilancio statale strabordante e le sue conseguenze. Gli interventi statali significano sempre maggiori imposte e tasse e dunque sono la causa principale dello smantellamento di posti di lavoro.

Cosa desiderano le Svizzere e gli Svizzeri dalla politica? Ad esempio la sicurezza. In strada. A scuola.

Chiedono anche la fine dell’immigrazione illegale e degli abusi onnipresenti nella nostra politica d’asilo iperburocratizzata. Vogliono essere protetti contro la criminalità che ne consegue.

Le aziende, le piccole e medie imprese, scricchiolano sotto il peso degli oneri statali, dei regolamenti, delle imposte e delle tasse. Abbiamo posto tutti questi problemi e preoccupazioni al centro della nostra politica.

Che si tratti di noi Consiglieri federali, di altri politici o di voi come partito politico, ognuno, al suo posto e a modo suo, ha l’obbligo di servire il popolo e il Paese.

Poiché l’Albisgüetli è una manifestazione che si svolge sempre all’inizio dell’anno, siamo obbligati a guardare al futuro. Signore e Signori, rispettando la tradizione, voglio anch’io chiedere: in questo nuovo anno cosa ci occuperà più di tutto?

Al centro della discussione politica dovrebbero esserci essenzialmente due grandi temi: il primo riguarda la nuova legge sugli stranieri e la riveduta legge sull’asilo, il secondo la privatizzazione di Swisscom. Per tutti gli oggetti è annunciato un referendum. Tutti gli oggetti scateneranno grandi discussioni di principio.

III. La nuova legge sugli stranieri

Da anni, la politica dell’asilo e degli stranieri preoccupa le Svizzere e gli Svizzeri. La pietra dello scandalo non è costituita né dai numerosi lavoratori stranieri che hanno ottenuto regolarmente un permesso di dimora in Svizzera né dall’ammissione dei rifugiati veri:

No, è costituita da tutti coloro che soggiornano ingiustificatamente o addirittura illegalmente nel nostro Paese, con gravi oneri per Confederazione, Cantoni e Comuni. Tempo, forza e denaro vengono sprecati. Autorità, tribunali, servizi sociali sono inutilmente oberati. Questo deve cambiare.

È compito di ciascuno Stato provvedere ai propri cittadini. Per questo oggi ogni Governo su questa terra decide quando gli stranieri ricevono un permesso di dimora – e anche quando no. Con un‘aliquota di stranieri del 21,7 per cento (fine 2004) la Svizzera presenta una delle maggiori aliquote di stranieri fra gli Stati dell’Europa occidentale! Ciononostante il nostro Paese non conosce periferie simili a ghetti con eccessi di violenza e interventi xenofobi. Lo dobbiamo soprattutto a un’economia funzionante che riesce a dare occupazione a così tante persone e quindi anche a integrarle. Nonostante l’elevata aliquota di stranieri, negli ultimi anni la disoccupazione in Svizzera è rimasta una delle più basse a livello europeo.

D’altro canto il livello salariale e il potere d’acquisto si mantengono fra i più elevati al mondo. A questo eccezionale bilancio ha contribuito la severa normativa riguardante gli stranieri, collaudata sin dagli anni 70, che dava la preferenza alla manodopera indigena e, segnatamente in periodo di surriscaldamento economico, limitava il numero massimo delle nuove forze lavorative straniere.

Dopo l’accettazione della libera circolazione delle persone con gli Stati UE, e una volta scaduta la speciale clausola protettiva, i cittadini UE saranno ampiamente parificati agli Svizzeri per quanto concerne il mercato del lavoro. Le conseguenze di questa libera circolazione delle persone sono ancora incerte. Le opportunità e i rischi sono stati esposti durante la lotta elettorale.

Quest’anno voteremo su una nuova legge sugli stranieri. In sostanza la legge disciplinerà le condizioni alle quali i cittadini non europei possono chiedere un permesso di lavoro e i presupposti per far valere il ricongiungimento familiare. Inoltre, con nuovi disciplinamenti si lotterà contro l’entrata illegale e la dimora illegale degli stranieri.

Ovviamente a ciascuno dovrebbe essere comprensibile che la Svizzera non può aprire le frontiere alle persone di tutto il mondo.

Con la generosissima soluzione nei confronti dei cittadini dell’UE (in teoria hanno la possibilità di vivere e lavorare da noi 450 milioni di persone) risulta evidente che una totale apertura delle frontiere a tutti gli Stati del mondo non è possibile, anche se il partito socialista e i Verdi lo vogliono. Ecco perché respingono la nuova legge sugli stranieri. Auspicano una libera circolazione totale delle persone, ma una siffatta apertura globale farebbe collassare il nostro intero sistema sociale.

L’UDC, insieme con la maggioranza del PRL e del PPD, ha elaborato in proposito una soluzione responsabile: il permesso di lavoro ai cittadini dei Paesi extraeuropei deve essere estremamente restrittivo e limitato soprattutto alle persone altamente qualificate e agli specialisti.

IV. La riveduta legge sull’asilo

Vi è un altro settore disciplinato dalla riveduta legge sull’asilo che sarà parimenti sottoposta in votazione.

La Svizzera non ha mai rilasciato un permesso di dimora soltanto alle persone di cui il nostro mercato del lavoro aveva bisogno. Abbiamo sempre accettato anche coloro che erano perseguitati nel loro Paese. Ovviamente per questa gente non esistevano ancora prestazioni sociali o altri aiuti elargiti dallo Stato. Hanno comunque potuto entrare in Svizzera, farsi ospitare da privati per poi divenire rapidamente autonomi. Cito ad esempio tutti i rifugiati religiosi del periodo della Riforma come gli Ugonotti. Si trattava di gente intraprendente. Ad essi si devono interi settori industriali della Svizzera.

Un altro esempio: nel 1871 trovarono ospitalità in Svizzera 87’000 soldati dello sconfitto esercito di Bourbaki. In tre giorni il numero degli abitanti della Svizzera è cresciuto del tre per cento!

Anche durante la Seconda guerra mondiale la Svizzera ha offerto protezione ai perseguitati. Nonostante l’insufficienza delle autorità, durante la guerra nessuno Stato al mondo ha ospitato pro capite più rifugiati della Svizzera.

Più tardi arrivarono anche quelli provenienti dagli Stati comunisti. Mi riferisco agli Ungheresi che trovarono rifugio in Svizzera 50 anni fa.

Anche oggi la Svizzera ammette annualmente circa 1’500 rifugiati perseguitati e concede l’ammissione provvisoria a circa 4’000 persone realmente minacciate. Nessuno mette in discussione la nostra tradizione umanitaria nei confronti dei rifugiati. E così deve continuare.

Ma, Signore e Signori, ciò che non abbiamo ancora risolto sono gli enormi abusi perpetrati nel settore dell’asilo. Oltre l’85 per cento di tutti i richiedenti l’asilo non sono rifugiati politici. Numerosi di essi desiderano semplicemente approfittare dell’elevato standard di vita svizzero.

Vivono di aiuti sociali e non raramente sono coinvolti in remunerativi affari di passatori, nella criminalità organizzata e in particolare nel traffico di stupefacenti. Questo non è nient’altro che abuso del diritto d’asilo.

Fino a due anni fa, questi abusi sono stati semplicemente messi in discussione da numerosi politici – e ancora oggi esistono delle cerchie che cercano di negare o respingere questa scomoda realtà.

Questi problemi vanno tuttavia affrontati seriamente se vogliamo salvaguardare la nostra tradizione umanitaria nei confronti dei rifugiati. I primi successi sono già stati ottenuti grazie a una prassi conseguente. Il numero delle nuove domande d’asilo nello scorso anno è calato di oltre il 29 per cento, quindi in misura maggiore rispetto ad altri Stati equiparabili dell’UE. Ma nella procedura d’esecuzione l’effettivo è ancora troppo elevato. La riduzione già raggiunta, anch’essa più o meno pari al 29 per cento, non è ancora sufficiente. Il problema principale è che il maggior numero dei richiedenti l’asilo si presenta senza documenti di viaggio validi.

Nella maggioranza dei casi, a essere senza documenti non sono i rifugiati veri, la cui vita è effettivamente in pericolo, ma sono soprattutto quelli che non hanno validi motivi per chiedere l’asilo. Spesso hanno nascosto, gettato o distrutto il loro passaporto. Perché?

Perché con la procedura vigente per l’ottenimento dell’asilo chi nasconde o distrugge i propri documenti è avvantaggiato nei confronti di chi si comporta correttamente e li presenta. Se non si entra nel merito di una domanda d’asilo o questa viene respinta dopo un esame materiale, l’interessato rimane spesso nel nostro Paese poiché di regola non rientra in Patria volontariamente e le autorità non lo possono rimpatriare per mancanza dei documenti.

La colpa non è di quelli che sfruttano questo sistema, bensì di quelli che lo mettono a disposizione!

Signore e Signori, senza modificare la legge non è possibile rendere credibile l’esigenza politica “Protezione dei rifugiati – diminuzione degli abusi”.

Per questo dobbiamo modificare le basi legali. Per questo la nuova legge recita:

Art. 32 cpv. 2 lett. a nonché cpv. 3 LAsi

2 Non si entra nel merito di una domanda d’asilo se il richiedente:

1. non consegna alle autorità alcun documento di viaggio o d’identità entro 48 ore
dalla presentazione della domanda;

3 Il capoverso 2 lettera a non si applica se:

1. il richiedente può rendere verosimile di non essere in grado, per motivi scusabili, di consegnare documenti di viaggio o d’identità entro 48 ore dalla presentazione della domanda;
2. la qualità di rifugiato è accertata in base all’audizione, nonché in base agli arti
coli 3 e 7; o
3. l’audizione rileva che sono necessari ulteriori chiarimenti per accertare la qualità
di rifugiato o l’esistenza di un impedimento all’esecuzione dell’allontanamento.

Come vedete: anche i richiedenti l’asilo che non posseggono documenti possono, anche in futuro, essere ammessi come rifugiati. Ma la distruzione dei documenti non deve più permettere di conseguire un vantaggio!

È veramente pretendere troppo che qualcuno – rifugiato o no – dica come si chiama e da dove viene? In che modo questo dovrebbe infrangere la „tradizione umanitaria“? Non si tratta di andare contro i rifugiati veri, ma contro i richiedenti che giungono nel nostro Paese senza validi motivi per chiedere l’asilo e che, su consiglio dei passatori, distruggono, nascondono o non presentano intenzionalmente i propri documenti. Di persone che falsificano o occultano il loro nome, il loro domicilio, la loro Patria o la loro età.

Gentili Signore, egregi Signori, anche la legge sull’asilo riveduta salvaguarda e garantisce ovviamente la protezione dei rifugiati veri nel nostro Paese, ma altrettanto decisamente intende eliminare gli abusi eclatanti nel settore dell’asilo. Solamente con questa combinazione otteniamo una politica sostenibile e credibile in materia di rifugiati.

Tutti voi conoscete esempi particolarmente eloquenti riferiti dai massmedia.

Come il caso della famiglia rom di Rüschlikon. Ripetuti gravi atti di violenza, costi per milioni di franchi, decisione negativa in merito all’asilo – e ciononostante la famiglia vive sempre qui. Ma perché? Questo caso è stato pendente per anni presso la Commissione di ricorso in materia d’asilo. L’avete sentito; questa settimana si è finalmente deciso. Il capofamiglia e il figlio maggiorenne devono lasciare la Svizzera, gli altri possono, per il momento, restare. La Commissione di ricorso in materia d’asilo è una così detta commissione “autonoma”. Significa che decide „in modo indipendente“ e pertanto è impossibile gettare un’occhiata fra le carte. È bene che adesso vi sia una sentenza, ma è naturalmente meno bene che ci sia voluto così tanto tempo.

Dal 2007 la Commissione di ricorso in materia d’asilo farà parte del Tribunale amministrativo federale. Speriamo che questo nuovo tribunale pensi, oltre che alla responsabilità giuridica, anche alle conseguenze per il nostro Paese di decisioni continuamente rinviate.

V. Sul luogo del non evento

Come imprenditore, mi sono abituato a seguire le faccende della vita quotidiana. Ogni tanto faccio visita anche agli uffici distaccati e ai centri di registrazione, a quei luoghi insomma dove arrivano i richiedenti l’asilo e vengono fatti i primi chiarimenti.

Ogni volta mi preoccupo di spuntare inatteso. Un anno fa mi recai all’alloggio per richiedenti l’asilo dell’aeroporto di Zurigo. La direttrice mi guardò visibilmente sorpresa perché lì non è usuale la visita di un consigliere federale. Normalmente non vi si reca nessun ministro di giustizia. Chiesi alla signora come andava. Inizialmente mi diede una risposta vaga e io insistetti nel chiedere se avesse troppo da fare. La donna riteneva di no: „Negli ultimi giorni abbiamo registrato effettivamente poche nuove entrate.“ – „Non ha bisogno di essere così afflitta“, le risposi, „non sono affatto cattive notizie.“ Ma poi aggiunse che proprio quella mattina erano arrivati sette Tamil che ne avevano annunciati altri sei per il lunedì successivo. „Sì, ma arrivano ancora Tamil? E perché?“

Per quanto ne so, attualmente nello Sri Lanka non vi sono persecuzioni politiche. La donna disse che anche lei non ne conosceva le ragioni esatte. In ogni caso i sette richiedenti l’asilo si trovavano insieme al primo piano per un interrogatorio. Era un po’ prima di mezzogiorno, salii le scale e mi recai inatteso nell’apposita stanza.

I sette uomini avevano già lasciato la stanza, ma i collaboratori erano ancora lì. Parlai con loro e chiesi da dove venivano esattamente i sette uomini. „Con un volo da Colombo a Varsavia e oggi sono atterrati in Svizzera con la Swiss. Tutti e sette senza documenti.“ – „Senza documenti? Ma come hanno potuto volare? In Polonia avranno ben avuto i documenti per cambiare aereo.“ Entrò in quel momento un uomo dalla stanza accanto e mostrò una ciotola piena di passaporti ridotti in pezzetti. Chiesi: „Come ha avuto questi documenti?“ – „Ce li ha portati una donna della pulizia dei gabinetti in aeroporto“. Ritenevano ragionevolmente che i giovani dovessero senza indugio ritornare con un volo a Colombo. Il responsabile della polizia che mi stava accanto disse che non era una faccenda di cui preoccuparsi, anche le autorità avrebbero senz’altro riammesso le persone, sebbene senza passaporti; ma l’Alto Commissariato ONU per i rifugiati non avrebbe mai approvato un rimpatrio immediato. Ciascun richiedente deve dapprima essere trasferito in un centro di registrazione dove si svolge la procedura ordinaria per l’ottenimento dell’asilo. Uno dei presenti aggiunse che questa prassi avrebbe fatto sì che i sette uomini sarebbero rimasti lì per mesi, benché non fossero rifugiati.

Chiesi dove soggiornavano in quel momento i Tamil. Si erano appena recati in dormitorio. „Posso vederli?“ Mi risposero di sì e, accompagnato dal mio usciere nella sua regolare uniforme verde, salii al dormitorio. Non appena aprimmo la porta, tutti e sette si alzarono immediatamente dal loro giaciglio per mettersi in rango come giovani soldati poiché supponevano che l’usciere fosse un poliziotto. Giovani aitanti, probabilmente anche diligenti. Chiesi se parlassero un po’ l’inglese. Il primo annuì. Gli chiesi da dove venissero e mi rispose da Colombo. Volli poi informarmi sul perché si fossero rifugiati in Svizzera. Tutti e sette si misero a gridare: “Tsunami, Tsunami, Tsunami”. Interessante, pensai, ma lo Tsunami ha investito la costa orientale dello Sri Lanka e Colombo si trova esattamente dall’altra parte. Se gente proveniente da Colombo chiede asilo a causa dello Tsunami è altrettanto assurdo come se dopo un’inondazione nel Canton Ticino, un abitante dell’Altipiano zurighese annuncia un sinistro alla propria assicurazione. Quando spiegai al gruppo l’assurdità della risposta, nessuno di loro sapeva più l’inglese…

Nel corso dell’anno ho seguito l’evoluzione di questa domanda d’asilo in quanto ero interessato a vedere i risultati concreti di un sì evidente abuso: per sei di questi richiedenti l’asilo le procedure sono chiuse. La domanda d’asilo è stata respinta. Per il settimo è ancora pendente un ricorso presso la CRA. Di per sé la rapidità procedurale sarebbe da ritenere un successo. Quelli che hanno ricevuto risposta negativa nel frattempo si sono però dileguati, per cui non abbiamo potuto rimpatriarli nello Sri Lanka.

Signore e Signori, questi e analoghi fatti succedono quotidianamente. Migliaia all’anno. Circa 50’000 persone hanno la procedura d’asilo in corso. L’anno scorso oltre 10’000 persone hanno presentato una nuova domanda d’asilo. 1’497 di loro, ovvero il 13,6 per cento hanno ottenuto lo statuto di rifugiato, altre 4’436 sono state ammesse provvisoriamente. Tutte le altre devono lasciare il nostro Paese. E il più presto possibile.

Oggi non ci sono basi legali sufficienti per impedire siffatti giri a vuoto e per consentire in avvenire interventi più efficaci. Tuttavia il nostro ordinamento giuridico non deve offrire nessuna piattaforma a tali abusi e inconvenienti sistematici. Oltre a una burocrazia insensata, la legislazione vigente comporta anche un enorme onere finanziario a carico della Confederazione, dei Cantoni e dei Comuni e quindi della popolazione. Se rapportiamo i costi totali nel settore dell’asilo al numero dei rifugiati riconosciuti, ogni rifugiato legale costa circa un milione di franchi. È „umanitario“? È intelligente? La popolazione è ancora disposta a sopportarlo?

Anche i più recenti casi dettagliatamente illustrati dalla stampa devono condurre ad altre soluzioni. Ecco un ultimo esempio: due Albanesi ricercati sul piano internazionale presentarono nel 2004 una domanda d’asilo. A uno si imputavano quindici aggressioni, l’assassinio di due persone e il rapimento di un bambino. Inoltre avrebbe partecipato a diversi attentati mortali. L’altro era sospettato di aver partecipato comunque a cinque rapine.

L’Ufficio federale dei rifugiati decise senza indugio di respingere le domande d’asilo. L’Ufficio federale di giustizia decise – dopo regolare riesame delle accuse – l’estradizione dei due Albanesi.

Un caso chiaro? Sì.

Ma non per la Commissione di ricorso in materia d’asilo che accoglie il ricorso dei due Albanesi: ad entrambi è accordato l’asilo. In tal modo due imputati per gravi crimini diventano due rifugiati. Per completare la storia, aggiungo che la decisione era di ultima istanza in quanto anche il Tribunale federale decise la loro liberazione risarcendo loro i costi per avvocati, interpreti e traduttori e riconoscendo loro anche un risarcimento per la detenzione. Anche se la riveduta legge sull’asilo è approvata dal popolo, il nostro lavoro continua in quanto permangono ancora alcune lacune nel diritto d’asilo, come evidenziato da questo esempio.

VI. Date allo Stato quel che è dello Stato

Nel 2006, oltre che delle leggi sull’asilo e sugli stranieri, ci occuperemo anche di un oggetto di tutt’altro tipo. Si tratta di sapere fino a che punto un’impresa dell’economia di mercato è in grado di sopportare l’intervento statale o meglio se lo Stato, quale imprenditore nell’economia di mercato, è in grado di recepire la propria responsabilità. Parlo in particolare di Swisscom e quindi di un’azienda apparentemente privatizzata che appartiene per due terzi alla Confederazione.

Nel mese di novembre, la Swisscom stava per rilevare una società Telecom irlandese, cosa che indusse il Consiglio federale a prendere alcune decisioni fondamentali. Esso era del parere che un impegno estero di questa portata comportava troppi rischi ed inoltre seguiva una strategia errata. Inoltre ha imposto alla Swisscom di versare agli azionisti il capitale eccedentario. Con ciò sarebbero venuti a mancare i capitali per tentare siffatte avventure. Infine, terzo passo, il Consiglio federale presenterà tosto al Parlamento un progetto inteso a promuovere la dissociazione fra lo Stato e la Swisscom.

Come impresa privata o privatizzata, Swisscom può agire liberamente. Il servizio universale è garantito per legge.

Qui i parallelismi con la ex-SWISSAIR sono evidenti. Anche Swisscom, come la ex-SWISSAIR, proviene da un mercato più o meno regolato. Questo mercato indigeno sinora protetto incomincia a cedere e non cresce più. I ricavi ci sono ancora. Il successo appare ancora sicuro. Ma la ditta ristagna nel proprio territorio ormai saturo. E arriva la tentazione di acquisire imprese all’estero. La ditta diventa sì più grande, ma i problemi rimangono i medesimi. Anzi, i rischi aumentano poiché le imprese di telecomunicazione estere soffrono degli stessi mali: anch’esse non possono più crescere, anch’esse sono messe in difficoltà dalle nuove tecnologie di comunicazione e da altri concorrenti. Se acquistate un’impresa con problemi uguali a quelli della vostra impresa e pensate di aver così trovato la soluzione equivale, vi sbagliate di grosso: è come credere nei miracoli. Meno moltiplicato per meno dà più soltanto nel mondo astratto della matematica. Nel mondo degli affari significa il tracollo.

Già dieci anni fa la Swisscom cercò di stabilirsi all’estero, fallendo però ogni volta: in India, Malaysia, Cechia, Ungheria e Austria. Con la tedesca Debitel, la direzione dell’impresa perse addirittura 3,3 miliardi di franchi. Invece di mutare strategia si cercò di mirare a una fusione con la Tele Austria austriaca. Per fortuna tutto naufragò già prima della firma. Ora dovrebbe improvvisamente essere la volta dell’iperindebitata Eircom, rispettivamente della società danese TDC.

Il 23 novembre 2005 il Consiglio federale ha preso un’importante decisione vietando di seguire questa via. Fin quando lo Stato è proprietario di maggioranza, la Swisscom non potrà più assumere siffatti rischi. La responsabilità verso il popolo non lo permette! Decisioni sbagliate e insuccessi all’estero non soltanto provocherebbero una crisi dell’impresa, ma anche dello Stato. Infatti la Svizzera non dovrebbe soltanto rispondere come azionista normale, ma come azionista maggioritaria e come Stato sarebbe tenuta a una ben maggiore responsabilità.

VII. Le imprese dell’economia di mercato non devono essere di proprietà dello Stato

Nella libera concorrenza, lo Stato non può essere presente come impresa. Fondamentalmente sarebbe il proprietario sbagliato. Questo a maggior ragione quando il tutto è vincolato a un’attività internazionale e quindi comportante maggiori rischi. Non può essere compito dello Stato svizzero garantire il servizio pubblico in Cechia, Ungheria, Austria, Malaysia, India e poi anche in Irlanda e Danimarca. Sarebbe come se la Televisione svizzera tedesca si espandesse all’estero e programmasse „Samschtig Jass“ in Irlanda e Malaysia per poi sopportare siffatto fallimento ricorrendo alle vostre tasse.

Il Consiglio federale è un’autorità politica e non è eletto per guidare un’impresa. Ciononostante è responsabile delle imprese che appartengono allo Stato. Tale responsabilità non può essere disattesa, nemmeno per incapacità, timore o trascuratezza. Perciò il Consiglio federale ha deciso, invero tardi, ma ancora in tempo e a ragione.

Non vi è più alcun motivo che imponga allo Stato svizzero di essere proprietario di Swisscom. Sarebbe ancora stato sensato e giusto all’epoca delle PTT che coprivano tutto il settore delle telecomunicazioni. Oggi non è più così. Il servizio universale è in ogni caso garantito per legge anche se Swisscom divenisse autonoma. Le imprese di telecomunicazione competono in Svizzera per accaparrarsi il permesso di gestire questo servizio universale. Fino al 2007 questo privilegio è stato assegnato a Swisscom. Successivamente il „mandato per il servizio universale“ – come è ancora chiamato erroneamente l’ultimo miglio – sarà nuovamente messo a concorso.

Che cosa ci insegna questa vicenda Swisscom? Diversamente dai filosofi, i politici non devono annunciare belle teorie e seguire visioni, bensì risolvere problemi concreti.

Il Consiglio federale ha riconosciuto i pericoli e ha agito prontamente e con efficacia.

VIII. Conclusione

Gentili Signore, egregi Signori,

siamo agli inizi dell’anno politico 2006. I tre oggetti menzionati – la nuova legge sugli stranieri, la riveduta legge sull’asilo e la Swisscom – vanno oltre le semplici questioni giuridiche. Tutti e tre gli oggetti concernono intimamente la nostra concezione statale.

All’Assemblea dell’Albisgüetli 2006 vi rivolgo l’appello di sostenere gli oggetti con tre sì nell’interesse del Paese e del popolo, ma anche nell’interesse di una politica responsabile. Avete sentito perfettamente. Vi esorto a dire tre volte sì!

Negli anni passati l’UDC ha dovuto spesso dire NO nell’interesse del Paese e del popolo perché venivano proposte soluzioni inaccettabili per l’UDC.

Per lungo tempo siamo stati chiamati il “partito del no”. Ho sempre risposto: purtroppo ci pongono sempre le domande sbagliate. Oggi, nel 2006 le domande sono quelle giuste:

volete una legge sull’asilo efficace che si opponga ai costosi e irritanti abusi del diritto d’asilo?
Volete una legge sugli stranieri che disciplini in modo sensato l’immigrazione e consenta di contenere il numero degli illegali?
Volete che la Swisscom mantenga la propria libertà imprenditoriale senza che qualcuno debba rinunciare alla propria linea telefonica oppure che il popolo svizzero sperperi miliardi?

Nella mia qualità di consigliere federale vi chiedo oggi di dire sì alle tre proposte del Governo e di battervi per questo sì. Infatti le proposte contengono buone soluzioni! Ciò ovviamente non significa che anche in avvenire dobbiate dire sì e amen ad ogni proposta del Consiglio federale…

 

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